giovedì 30 settembre 2010

Commentario sul Sutra del Cuore Part III

Il Sutra del Cuore della Grande Saggezza che-va-oltre.

Iniziando ad analizzare il primo verso,

“Il Sutra del Cuore della Grande Saggezza che-va-oltre…”

deve subito sorgere in noi una domanda: “…della grande saggezza che-va-oltre?”.

Che va oltre che cosa?

Noi occidentali siamo soliti pensare che un ottimo maestro ed un ottimo insegnamento siano degli strumenti, che debbano essere in grado di fornirci buone risposte. Possibilmente rassicuranti.

Rassicuranti?

Domanda: Rassicuranti chi o che cosa?

Risposta: Le nostre aspettative.

Ma buon maestro è chi ci fornisce una verità confezionata, possibilmente rassicurante o chi ci fornisce gli strumenti per arrivare a comprenderla? Buon maestro è colui che ci fornisce delle risposte o colui che ci aiuta a formulare nuove domande?

Socrate docet.

A tal proposito mi vengono in mente le parole di un sufi, che alla domanda sul perché non spiegasse una delle criptiche storie formative della sua confraternita era solito rispondere: “Se voi mi domandaste un’arancia, vi piacerebbe che io ve ne dessi una che fosse già stata spremuta? Per nutrirvi dovete essere voi stessi a spremerla!”

Ma poiché a volte può essere piacevole trovare una spremuta d’arancia già pronta, ecco la mia versione a quel: “…che va oltre.”

Oltre che cosa?

L’abituale stato di coscienza nel quale siamo intrappolati.

Nel buddhismo questo stato di coscienza che in realtà è uno stato di incoscienza ha un nome ben preciso. Si chiama Avydia, ovvero Ignoranza.

Questa è la mia interpretazioni. Vedremo in seguito gli elementi che mi fanno propendere in questo senso.

Il Bodhisattva Avalokita

Chi è il bodhisattva Avalokita? Ma prima ancora di domandarci chi è il bodhisattva Avalokita, dovremmo domandarci: chi è un bodhisattva? Ed ancora. Un bodhisattva è un Buddha?

La risposta è no.

Un bodhisattva non è un Buddha.

Noi occidentali siamo soliti confondere i Buddha con i Bodhisattva. Un Buddha è un essere dotato di una consapevolezza oggettiva. Mentre un bodhisattva è un essere dotato di una consapevolezza soggettiva. Per essere più chiari: un Buddha è un essere dotato della consapevolezza del tutto. Mentre un bodhisattva è un essere consapevole di sé. Un essere dotato di una consapevolezza permanente di sé. Noi ci illudiamo di essere sempre consapevoli di noi stessi anche se, osservandoci attentamente possiamo comprendere che nella vita quotidiana compiamo la quasi totalità delle nostre azioni in maniera meccanica, senza che in esse vi sia la benché minima traccia di consapevolezza. Ci svegliamo in maniera meccanica, ci alziamo in maniera meccanica, ci laviamo in maniera meccanica, ci vestiamo in maniera meccanica…. Senza porre la minima attenzione al gesto che stiamo compiendo con il nostro corpo, la nostra mente vaga, impegnata in mille voli pindarici. Ci porta altrove, in luoghi distanti dal momento presente. Un bodhisattva è un essere che ha domato la sua mente. Non lascia che la sua attenzione vaghi in luoghi distanti, in tempi passati o futuri. Vive costantemente nel presente.

Chi è Avalokita?

Un bodhisattva che viene raffigurato con undici facce. Che indicano che l’ottenimento di tutti e dieci i livelli di consapevolezza di un bodhissattva. Dieci, come le sephirot della Kabbalah che rappresentano i dieci differenti livelli di coscienza propri dell’essere umano secondo la tradizione giudaica.

immerso nella profonda Saggezza che-va-oltre,

Ma il fatto che abbia undici facce ci fa protendere per la teoria che sia andato oltre. Ciò significa che probabilmente Avalokita sia un Buddha.




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Commentario sul Sutra del Cuore Part II








Il Sutra del Cuore della Grande Saggezza che-va-oltre

Il Bodhisattva Avalokita

immerso nella profonda Saggezza che-va-oltre,

vide la natura vuota dei cinque aggregati,

superando così ogni dolore.

- O Shariputra, la forma non è diversa dal vuoto,

il vuoto non è diverso dalla forma.

La forma è vuoto, il vuoto è forma.

Così anche per sensazioni, percezioni, tendenze e coscienze.

O Shariputra, tutti i fenomeni sono per natura vuoti:

mai nati né estinti; mai impuri né puri;

mai crescenti, né decrescenti.

Perciò, nel vuoto, non ci sono

forma, sensazione, percezione, tendenza, coscienza;

né occhio, orecchio, naso, lingua, corpo, mente;

né colore, suono, odore, sapore, contatto, idea.

Non c'è regno visivo, e così via fino alla coscienza mentale.

Non c'è ignoranza, né la sua fine e così via

fino alla vecchiaia e morte, né la loro fine.

Non c'è sofferenza, né causa, né estinzione, né Sentiero.

Non c'è conoscenza, né ottenimento.

Poiché nulla vi è da ottenere,

il bodhisattva saldo nella Saggezza che-va-oltre,

vive con la mente libera da ostacoli.

Senza ostacoli non ha timore,

abbandona per sempre le illusioni ed entra nel nirvana.

Vivendo nella Saggezza che-va-oltre, tutti i Buddha dei tre tempi

realizzano la suprema, perfetta illuminazione.

- Sappi, quindi, che la Saggezza che-va-oltre

è il sublime mantra, grande mantra luminoso,

mantra supremo, mantra incomparabile,

capace di dissolvere ogni sofferenza.

E' vero, senza errori.

Recita, perciò, il mantra della Saggezza che-va-oltre,

il mantra che dice:

GATE GATE PARAGATE PARASAMGATE BODHI SVAHA.

GATE GATE PARAGATE PARASAMGATE BODHI SVAHA.

GATE GATE PARAGATE PARASAMGATE BODHI SVAHA.

Andato, andato, andato oltre, andato completamente oltre il risveglio avvenga



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Commentario sul Sutra del Cuore Part I

Il Sutra del Cuore è forse la più celebre tra le preghiere buddhiste. Viene definita come “…una preghiera bellissima” dal Lama Norbu nel film il Piccolo Buddha, di Bernardo Bertolucci.

Noi esseri umani nutriamo la credenza illusoria di possedere un’identità personale unica ed immutabile. Ci illudiamo di avere un’identità personale, di essere una sola persona, di possedere un’unità interiore. Senza accorgerci di essere molte persone differenti, che alimentano al loro interno desideri contradditori.

Gli insegnamenti di molte religioni concordano su questo punto.

È scritto infatti nel vangelo di Matteo: il nome dell’uomo è legione; e gli insegnamenti cabalistici tramandano che l’anima dell’uomo è frammentata…

Solo per citare alcuni esempi.

La distruzione dell’illusione di questa apparente Identità Personale è il messaggio principale del Sutra che ospita un dialogo, che in realtà è monologo, nel quale il Bodhisattva Avalokita si rivolge a Shariputra svelando la natura di questa illusione.



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Commentario sul Sutra del Cuore

Per festeggiare i duecento download del mio nuovo romanzo, che ricordo è possibile scaricare gratuitamente al seguente indirizzo http://www.feedbooks.com/userbook/12705 ho deciso di pubblicare su questo blog un Commentario sul Sutra del Cuore, scritto da me in Aprile. Spero sia un regalo gradito ai miei lettori.
Essendo il Commentario abbastanza lungo, ho ritenuto opportuno dividerlo in più Post.
Vi auguro una buona lettura,
Andrea

giovedì 16 settembre 2010

I ciechi e l'elefante


Al di là di Ghor si estendeva una città i cui abitanti erano tutti ciechi. Un giorno, un re arrivò da quelle parti, accompagnato dalla sua corte e da un intero esercito, e si accamparono nel deserto. Ora, questo monarca possedeva un possente elefante, che utilizzava sia in battaglia sia per accrescere la soggezione della gente.
Il popolo era ansioso di sapere come fosse l'elefante, e alcuni dei membri di quella comunità di ciechi si precipitarono all'impazzata alla sua scoperta.
Non conoscendo ne la forma ne i contorni dell'elefante, cominciarono a tastarlo alla cieca e a raccogliere informazioni toccando alcune sue parti.
Ognuno di loro credette di sapere qualcosa dell'elefante per averne toccato una parte.
Quando tornarono dai loro concittadini, furono presto circondati da avidi gruppi, tutti ansiosi, e a torto, di conoscere la verità per bocca di coloro che erano essi stessi in errore.
Posero domande sulla forma e l'apparenza dell'elefante, e ascoltarono tutto ciò che veniva detto loro al riguardo. Alla domanda sulla natura dell'elefante, colui che ne aveva toccato l'orecchio rispose: "Si tratta di una cosa grande, ruvida, larga e lunga, come un tappeto".
Colui che aveva toccato la proboscide disse: "So io di che si tratta: somiglia a un tubo dritto e vuoto, orribile e distruttivo".
Colui che ne aveva toccato una zampa disse: "È possente e stabile come un pilastro".
Ognuno di loro aveva toccato una delle tante parti dell'elefante. La percezione di ognuno era errata. Nessuno lo conosceva nella sua totalità: la conoscenza non appartiene ai ciechi. Tutti immaginavano qualcosa, e l'immagine che ne avevano era sbagliata.
La creatura non sa nulla della divinità. Le vie dell'intelletto ordinario non sono la Via della scienza divina.

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tratto dal Libro divino di Attar viene spesso usato dai dervisci della 'Via del Biasimo', ed è attribuito a Hamdun il Tintore, che visse nel IX secolo.

mercoledì 15 settembre 2010

L'albero e la foglia


Una foglia ha coscienza di essere parte di qualcosa di più grande?

martedì 14 settembre 2010

Bonsai


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lunedì 13 settembre 2010

Ah sì?


Il maestro di Zen Hakuin era decantato dai vicini per la purezza della sua vita.
Accanto a lui abitava una bella ragazza giapponese, i cui genitori avevano un negozio di alimentari. Un giorno, come un fulmine a ciel sereno, i genitori scoprirono che era incinta. La cosa mandò i genitori su tutte le furie. La ragazza non voleva confessare chi fosse l'uomo, ma quando non ne poté più di tutte quelle insistenze, finì col dire che era stato Hakuin.
I genitori furibondi andarono dal maestro. «Ah sì?» disse lui come tutta risposta.
Quando il bambino nacque, lo portarono da Hakuin. Ormai lui aveva perso la reputazione, cosa che lo lasciava indifferente, ma si occupò del bambino con grande sollecitudine. Si procurava dai vicini il latte e tutto quello che occorreva al piccolo.
Dopo un anno la ragazza madre non resistette più. Disse ai genitori la verità: il vero padre del bambino era un giovanotto che lavorava al mercato del pesce.
La madre e il padre della ragazza andarono subito da Hakuin a chiedergli perdono, a fargli tutte le loro scuse e a riprendersi il bambino.
Hakuin non fece obiezioni. Nel cedere il bambino, tutto quel che disse fu:
«Ah sì?».